I colori, il tempo, la mia vita…

Dipingere è parlarsi

Dipingere è parlarsi

Dal 22 maggio, presso la sala inferiore della Logetta, si è proposto per la prima volta alla conoscenza e alla critica dei concittadini un giovane pittore, Roberto Tresin, ventiduenne di Monselice che sempre porta nella mente e nel cuore una grande passione per tele e pennelli. I suoi ricordi pittorici si spingono infatti alle elementari quando la maestra raccoglieva con assiduità e conservava i disegnini meglio riusciti, oppure alle medie, quando è avvenuto l’incontro con l’olio o quando gli è toccata la vittoria in una rassegna di fine anno con un’operetta astratta, già rivelatrice di una maniera autonoma e originale di porsi di fronte al fatto artistico. Nei miei quadri confessa Tresin esprimo me stesso, lasciandomi guidare più dall’estro e dall’intuizione che da una calcolata sequenza di idee e ipotesi. Quell’aria di mistero, di qualcosa di non svelato che gli amici hanno apprezzato finora nei miei lavori è l’aspetto che più mi fa soffrire, perché ho paura di mostrare troppo di me stesso e allora nasce quasi un conflitto intimo, tra quello che vorrei e quello che riesco a dire.

La pittura di Tresin, che manifesta i limiti di una tecnica ancora incerta ma niente affatto ingenua o trascurata, appare come l’estrinsecarsi tumultuoso di un accumulo di energie, di sensazioni, di immagini, di pensieri che trovano nella tela una concreta possibilità di coagulo. È anzi una necessità per l’autore risolvere nel lavoro pittorico i propri contrasti interiori, un mezzo per liberare energie represse cercando un equilibrio non solo formale. Per me dipingere è un fatto personale che non diventerà mai, credo, un mestiere. È vero, la mia tecnica è altalenante ma non mi interessa molto approdare a qualcosa di definitivo. Inseguo piuttosto la realtà di una vita in movimento, mi piace coglierla in quell’attimo che sento mio. La trentina di oli, ritratti, paesaggi nature morte, che sostanziano la prima personale di Roberto Tresin sono dunque frutto di un itinerario artistico lungo e sofferto. Mi auguro che l’affettuosa attenzione del pubblico monselicense lo sproni a traguardi più ambiziosi.

1982 – Roberto Valandro